Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
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La disciplina delle società di comodo e il rilievo delle scelte imprenditoriali - Cass., sez. trib., ord. 21 novembre 2018, n. 4019, depositata il 12 febbraio 2019 – Pres. Greco, Est. Napolitano * (di Rossella Miceli)


Un mutamento di indirizzo interpretativo da parte della giurisprudenza di legittimità definisce un importante passaggio nella disciplina delle società di comodo, contenuta nell’art. 30, L. n. 724/1994.

Dopo anni in cui si era consolidata una posizione di segno opposto, si afferma il rilievo delle scelte imprenditoriali per una mancata applicazione della disciplina delle società di comodo e si conferma la necessità di una valutazione di tali scelte alla luce delle condizioni di mercato.

Si tratta di un significativo cambiamento a favore della coerenza della normativa sulle società di comodo e dell’allineamento di quest’ultima alle direttrici generali del sistema tributario.

The discipline of shell companies and the importance of entrepreneurial choices

The Italian Supreme Court carries out a relevant turnaround on the interpretation of rules concerning shell companies, provided by Art. 30 of Law no. 724/1994. After years in which a different position seemed to be prevalent, the relevance of entrepreneurial choices is now affirmed as an essential element to be evaluated in order to obtain the di­sapplication of the aforementioned rules and the need for an assessment of these choices in light of market conditions is confirmed.

Such a significant change allows to pursue both the coherence of the discipline of shell companies and the alignment of the latter with the general guidelines of the tax system.

 

SOMMARIO:

1. Premessa. I fatti della controversia e le questioni giuridiche - 2. La causa generale di esclusione nell’impianto della disciplina delle società di comodo - 3. Il contenuto della causa generale di esclusione. Il dibattito sulle “situazioni soggettive” - 4. La posizione della Suprema Corte. Le situazioni soggettive e il rapporto con le condizioni di mercato - 5. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Premessa. I fatti della controversia e le questioni giuridiche

Con l’ord. 12 febbraio 2019, n. 4019 la Corte di Cassazione compie un passo importante in ordine all’ambito di applicazione della normativa fiscale delle società di comodo, regolamentazione contenuta, come noto, nell’art. 30, L. n. 724/1994 e nella consistente disciplina attuativa [1]. In particolare, la Suprema Corte si pronuncia sul contenuto della causa generale di esclusione dalla normativa delle società di comodo, prevista nel comma 4 bis del suddetto art. 30, statuendo in modo chiaro ed inequivocabile la rilevanza, ai fini della ammissione della suddetta causa, delle scelte imprenditoriali della società, la cui analisi deve essere compiuta in relazione alle effettive condizioni del mercato. Questa la vicenda in contestazione. La società contribuente versava in condizioni economiche molto critiche anche a causa di coraggiose scelte imprenditoriali che erano state effettuate negli ultimi anni. La società aveva infatti deciso di modificare il progetto sociale originario che prevedeva la creazione di stabilimenti industriali per la lavorazione di lamiere metalliche a fronte della produzione di pannelli solari termici. Tale decisione era sostenuta dalla valutazione della crisi del settore automobilistico con la conseguente difficoltà di collocare produzioni nel settore stesso. Si trattava, pertanto, di una scelta giustificata dalle condizioni del mercato e dalla volontà di sopravvivere alla crisi. A sostegno della correttezza del proprio operato, inoltre, la società contribuente aveva vinto un ricorso amministrativo avverso la precedente revoca di un contributo concesso dal Ministero dello sviluppo economico per gli investimenti da realizzare. A fronte di tale risultato aveva ottenuto una dilazione del termine per la effettuazione dei nuovi investimenti. In altre parole alla società era stata riconosciuta la spettanza di un contributo a sostegno della nuova attività in essere. Le suddette circostanze non erano state valorizzate nei precedenti gradi di giudizio, nei quali si era confermata l’assoggettabilità della contribuente alla disciplina delle società di comodo di cui all’art. 30. In altre parole il periodo complesso che la società aveva attraversato e le scelte coraggiose che erano state effettuate per sopravvivere alla crisi non erano stati qualificati come elementi validi per giustificare la mancata redditività [continua ..]


2. La causa generale di esclusione nell’impianto della disciplina delle società di comodo

L’evoluzione storica ed interpretativa della disciplina delle società di comodo, come definita dall’art. 30, L. n. 724/1994, conferma come la stessa oggi costituisca un sistema normativo autonomo rivolto alle società che non presentano indici di vitalità economica sulla base di parametri predefiniti dalla legge o che si trovano in una situazione di perdita sistematica [4]. Tale apparato normativo stabilisce al verificarsi dei suddetti presupposti l’appli­ca­zione di regimi sostitutivi ai fini delle imposte dirette ed IVA che si caratterizzano essenzialmente per la previsione di una tassazione (sostanzialmente) patrimoniale ai fini delle imposte dirette e sui consumi ai fini IVA [5]. La normativa è stata giustificata nel tempo secondo diverse prospettive [6]. Si ritiene in questa sede ed alla luce delle diverse evoluzioni che la ratio della disciplina debba essere individuata nella necessità di concepire differenti modalità di tassazione (rispetto a quelle ordinarie) per tutte le società che detengono patrimoni (mobiliari ed immobiliari) ma non esercitano una effettiva attività di impresa. Si tratta quindi di una disciplina, altamente disincentivante, rivolta alle società commerciali preposte al mero godimento di beni patrimoniali [7]. La disciplina in esame, infatti, a causa delle modalità di determinazione della base imponibile ai fini delle imposte dirette, dell’aliquota prevista nelle imposte sul reddito e delle preclusioni IVA è considerata estremamente penalizzante per le società e per tale motivo è percepita come particolarmente pregiudizievole dai contribuenti [8]. L’ambito di applicazione della disciplina delle società di comodo è definito, oltre che dai presupposti di applicazione, anche da un apparato normativo che delinea il sistema delle esclusioni [9]. Come anticipato in premessa, tale secondo apparato costituisce un importante contrappeso nel bilancio della disciplina generale. L’apparato normativo suddetto, infatti, prevede fattispecie in cui la disciplina delle società di comodo non si applica per la presenza delle stesse giustificazioni che caratterizzano le ragioni di fondo della disciplina medesima. In questo senso, le esclusioni e i presupposti della normativa si connotano per un’unitarietà logica [10]. Si tratta, pertanto, di [continua ..]


3. Il contenuto della causa generale di esclusione. Il dibattito sulle “situazioni soggettive”

La causa generale di esclusione assume nel sistema della disciplina delle società di comodo contestualmente caratteri di generalità e di residualità. Testualmente la disposizione che la prevede sancisce che al fine di escludere l’ap­plicazione della suddetta disciplina devono ricorrere “oggettive situazioni”, “che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi nonché del reddito” ovvero “non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto” [14]. Gli elementi, oggetto della fattispecie, si definiscono pertanto nella presenza di situazioni oggettive che hanno prodotto il mancato conseguimento del reddito o l’as­senza di operazioni rilevanti ai fini IVA. Alcuni atti interpretativi dell’Amministrazione Finanziaria hanno nel tempo definito il contenuto della causa in esame, identificando delle fattispecie alla stessa riferibili; si tratta tuttavia di ipotesi esemplificative che non esauriscono in alcun modo il contenuto della disposizione. La disposizione è infatti generale in quanto possono rientrare nel proprio contenuto una serie innumerevole di ipotesi non formalizzate e non tipizzate ma di volta in volta verificabili in relazione alla loro idoneità probatoria a dimostrare l’assenza di un mero godimento dei beni patrimoniali [15]; allo stesso tempo la medesima disposizione è residuale in quanto si applica alle fattispecie in cui non ricorrono le cause di esclusione espresse, previste dalla legge o dai provvedimenti amministrativi del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. La portata applicativa di tale disposizione è pertanto ampissima, non suscettibile di delimitazione specifica ed idonea a ricomprendere anche fattispecie o casi di disci­pline di nuova introduzione normativa. Sulla locuzione “situazioni oggettive” si è concentrato un importante dibattito interpretativo degli ultimi anni, che ha condotto verso significative limitazioni dell’am­bito di applicazione della disposizione. Mentre la dottrina ha sempre sostenuto che la locuzione “oggettive” dovesse valutarsi nei termini di fattispecie obiettivamente verificabili e riscontrabili, che avessero causato gli effetti suddetti in merito alla realizzazione dei presupposti di imposta [16], in sede attuativa [continua ..]


4. La posizione della Suprema Corte. Le situazioni soggettive e il rapporto con le condizioni di mercato

Un primo passaggio a favore del superamento della impostazione prima analizzata in relazione alla rilevanza delle situazioni soggettive giunge da un precedente della Suprema Corte del 2017. In questa pronuncia la Suprema Corte sancisce che la mancata stipulazione di contratti da parte di una società – la cui attività si concentrava sulla conclusione di contratti di noleggio di un unico bene strumentale molto costoso e funzionale alla realizzazione di opere edili – non poteva essere addebitabile esclusivamente alla società contribuente in quanto dipendeva principalmente dalle condizioni di mercato entro cui tali contratti dovevano essere conclusi. In particolare, nella suddetta pronuncia, emerge sia la ammissione di una situazione soggettiva (la mancata stipulazione di un contratto), sia la valorizzazione delle condizioni di mercato entro cui contestualizzare l’operatività della situazione soggettiva medesima. In questo precedente, tuttavia, la situazione di natura soggettiva rilevava un fatto che atteneva alla ordinaria vita dell’impresa (mancata stipulazione di contratti) e non coinvolgeva scelte imprenditoriali innovative e finalizzate al superamento della crisi economica. Quest’ultimo tema è invece affrontato con la pronuncia oggetto della presente riflessione, ove viene ammessa la rilevanza di una scelta effettuata dal contribuente a favore di una modifica dell’oggetto sociale e con il solo obiettivo di salvare l’attività commerciale dalla crisi. In altre parole si definisce il rilievo delle situazioni soggettive ai fini della non applicazione della disciplina delle società di comodo laddove sostengano una scelta a favore del proseguimento dell’attività imprenditoriale. La posizione è assolutamente condivisibile. Le scelte imprenditoriali, sebbene non virtuose, devono essere valutate in senso positivo ai fini della configurazione della causa generale di esclusione, la quale deve includere anche ipotesi in cui la società abbia effettuato dei passi importanti finalizzati ad una propria crescita o evoluzione. Tali passi, come è successo nella fattispecie in esame, devono essere compresi e sollecitati dal sistema giuridico, senza pregiudizio alcuno in capo al contribuente. L’impresa nasce infatti per effettuare scelte ed affrontare rischi; penalizzare questi passaggi significa ledere la libera iniziativa economica di [continua ..]


5. Considerazioni conclusive

Con la pronuncia in esame si compie un passaggio importante nella disciplina delle società di comodo, conferendo ad una regolamentazione estremamente dura e pregiudizievole per i contribuenti un elemento di coerenza normativa e di buon senso. La disciplina delle società di comodo nasce per colpire società che detengono patrimoni e non esercitano attività di impresa commerciale. Ogni riferimento della disciplina medesima a soggetti differenti da questi ultimi definisce di per sé una deviazione della normativa ed un ingiustificato aggravamento fiscale per il contribuente. Sulla base di tale premessa un rilievo fondamentale nella disciplina è svolto dal­l’impianto delle cause di non applicazione nell’ambito delle quali la causa generale (contenuta nell’art. 30, comma 4 bis, L. n. 724/1994) riveste il ruolo centrale di norma di chiusura del sistema. L’impianto in esame definisce la disciplina delle esclusioni della normativa sulle società di comodo, racchiudendo molteplici ipotesi in cui la normativa stessa non si applica a causa dell’assenza delle ragioni di fondo che ne hanno giustificato l’introduzione. Orbene con la pronuncia analizzata si chiarisce come all’interno della causa generale di esclusione della normativa suddetta devono essere valutate tutte le situazioni in cui i risultati negativi dell’attività o la perdita sistematica siano dipesi da scelte effettuate dalla società, coerenti con la volontà di proseguire l’attività commerciale, ma che si sono rivelate economicamente non virtuose. Al fine di mantenere la necessaria cautela connessa ad ogni apertura interpretativa, si pone quale condizione importante la circostanza che le suddette scelte siano giustificate dalle condizioni di mercato, collegando le iniziative della società contribuente con il tessuto economico in essere. In tal modo le scelte imprenditoriali giustificate dalle condizioni del mercato potranno da questo momento essere valutate dalla disciplina in esame e condurre ad mancata applicazione della disciplina stessa attraverso il riconoscimento della causa di esclusione. La materia delle società di comodo recupera con questa rilevante posizione interpretativa della Suprema Corte un tassello di coerenza e si riallinea in tale aspetto alle direttrici della materia tributaria sempre più orientata, ormai da anni, alla promozione [continua ..]


NOTE